ANDREA MOLAJOLI, REGISTA E SCENEGGIATORE, RACCONTA A TRACCE LA SUA ESPERIENZA PROFESSIONALE

Andrea Molajoli, regista e sceneggiatore, terrà la prima lezione del corso di regia Tracce, lunedì 6 maggio (sono ancora disponibili gli ultimissimi posti per partecipare).
Lo abbiamo intervistato per conoscerlo un po’. Andrea è stato a lungo assistente e aiuto di registi come Nanni Moretti, Carlo Mazzacurati, Daniele Luchetti e Mimmo Calopresti. Dopo aver girato alcuni backstage di film e serie televisive, qualche filmato istituzionale e il ‘diario’ della Sacher “Bandiera rossa, Borsa nera”, nel 2007 ha firmato il suo primo lungometraggio “La ragazza del lago”, scritto insieme a Sandro Petraglia ispirandosi al romanzo di Karin Fossum “Lo sguardo di uno sconosciuto”. Il film, presentato alla 22. Settimana Internazionale della Critica a Venezia, ha ricevuto dal Sindacato Nazionale dei Giornalisti Cinematografici il premio ISVEMA 2007 e il protagonista Toni Servillo è stato invece insignito del premio Francesco Pasinetti. Il film, con i suoi autori e interpreti, è stato anche protagonista dell’edizione 2008 del premio David di Donatello vincendo 10 statuette tra cui quella per il miglior regista e il miglior regista esordiente.

Andrea hai lavorato con grandi registi italiani (Moretti, Mazzacurati). Cosa ti hanno insegnato anzitutto? Se dovessi riassumere in una frase il consiglio più prezioso sul mestiere di regista o la cosa che più ti resta dell’esperienza con loro, quale sarebbe?

I due registi citati sono intanto tra coloro che amo e stimo di più e con i quali ho provato più piacere e interesse a lavorare. La fortuna e il privilegio di potergli stare accanto mi porterebbe a tante considerazioni che in questo spazio non sono elencabili. Per dovere di sintesi mi limito a sperare di aver acquisito la loro dedizione e la serietà con la quale si affronta questo mestiere unito al forte senso di responsabilità che lo dovrebbe accompagnare.

Sei sceneggiatore e regista. Secondo te per essere un buon regista quanto è importante scrivere anche i film che si vogliono girare?

Anche qui la sintesi non è amica della completezza della risposta. In poche parole credo che un buon regista sia colui che diventa autore del film che dirige. Questo prescindendo dal fatto che ne sia anche lo sceneggiatore. Quindi credo che scrivere la storia che si vuole dirigere sia importante ma non determinante.

Con La ragazza del lago ti sei affermato come regista e hai vinto numerosi premi, hai poi sentito una certa responsabilità e peso di un’aspettativa nei tuoi confronti, dopo?

Il fatto di avere ottenuto molti riconoscimenti per il mio primo film è stato intanto motivo di soddisfazione oltre che una bella carica di entusiasmo e fiducia. In più mi ha dato quel credito necessario per continuare a fare questo mestiere. L’altra faccia della medaglia è che la soglia dell’aspettativa altrui e, soprattutto personale, si alza enormemente e, con essa, “l’ansia da prestazione”.

Sei docente Tracce, come vivi questa esperienza? Cosa ti preme trasmettere ai tuoi aspiranti colleghi?

Con interesse, dedizione e curiosità nella speranza che il mio piccolo contributo possa aiutare a far crescere la passione per il cinema, che ritengo sia ancora il più affascinante e straordinario mezzo espressivo e comunicativo.


Quali film, degli aspiranti registi, non possono non aver visto?

Intanto credo sia davvero importante vedere tanti film e, quando è possibile, vederli al cinema. E’ fondamentale però non fermarsi a quanto fatto solo nell’ultimo decennio ma scoprire, o riscoprire ciò che ci hanno lasciato i grandi autori del passato. Quelli che definiamo classici. Credo fermamente che la conoscenza più approfondita possibile di chi ci ha preceduti sia condizione necessaria ed indispensabile per pensare di poter fare bene questo lavoro. Se devo fare un nome, sapendo che è assai limitativo, penso ad un grande autore ultimamente ancora molto citato ma poco visto come Luis Bunuel. Aldilà di alcuni momenti della sua cinematografia che oggi potrebbero sembrare datati, rimane un esempio eccezionale di libertà creativa.

Credi che il cinema italiano, in questo momento di crisi economica , possa comunque dire la sua e “sfornare” nuovi talenti?

Il problema fondamentale del nostro paese , peraltro non solo nel cinema, è che , quando le risorse mancano, si tende ad avvilire e scoraggiare l’innovazione e a seguire strade “sicure” anche se magari un po’ stantie. L’unico modo per reagire a questa tendenza è perseverare e cercare sempre e comunque di porsi obiettivi alti.

Grazie Andrea, buon lavoro!

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