Laura Grimaldi e Costanza Durante, finaliste al premio Solinas 2016 con “Posso piangere cinque minuti?”, si sono aggiudicate la Borsa di Studio Claudia Sbarigia, dedicata a premiare il talento nel raccontare i personaggi e l’universo femminile.
Laura Grimaldi ha seguito il Corso di Sceneggiatura di I e di II livello presso Tracce. In seguito, ha deciso di continuare il proprio percorso formativo al Centro Sperimentale di Cinematografia. Attualmente, all’età di ventotto anni, è Junior Editor per Rai Fiction e ha all’attivo anche la sceneggiatura per il documentario “La Gente Resta” (2015), diretto da Maria Tilli e prodotto da Fabrica con Rai Cinema, vincitore alla 33^ edizione del Torino Film Festival del Premio Speciale della Giuria nella sezione italiana documentari.
Ciao Laura. Ci vuoi parlare di “Posso piangere cinque minuti?”
Innanzitutto è una commedia drammatica, molto ironica e caustica. È la storia di tre donne accomunate dal fatto che nella stessa notte, quella di capodanno, tentano il suicidio, senza riuscirvi. Le tre si conosceranno proprio per questo, qualche giorno dopo, in una casa di cura in Trentino, dove seguiranno il proprio percorso riabilitativo secondo metodi un po’ più new age di quelli tradizionali. È qui che è ambientata gran parte della storia, malgrado inizi la notte di capodanno, sulle note di “Tanti Auguri” di Raffaella Carrà. In effetti lo abbiamo pensato come un film pieno di musica.
Tre sconosciute con lo stesso problema, quindi: la depressione…
Sì, anche se c’è chi ha un problema più pratico da risolvere e si scoprirà depressa solo durante il percorso riabilitativo. Quello di cui ci interessava parlare è un tema come il suicidio e la depressione, dandoci la possibilità di riderne, ma non di deriderlo; perchè in fondo l’unica maniera che le tre amiche trovano per uscirne è riderci su. Io e la coautrice Costanza ci dicevamo spesso: la situazione è tragica ma non è mai seria. Inoltre ci interessava mettere al centro protagoniste femminili, senza uomini intorno. Solitamente le donne, quando sono protagoniste di un film, vengono presentate con toni melò; noi invece abbiamo voluto scrivere una commedia drammatica femminile.
Ecco, le tre protagoniste: ce ne parli?
Bianca è una donna di Genova che apparentemente ha una vita perfetta: un buon lavoro, lo stesso compagno da dieci anni: è il punto di riferimento di tutta la famiglia, fin troppo. E lo è anche per noi, poiché è la protagonista a livello drammaturgico.
Poi c’è Ambra, la più giovane e benestante delle tre, figlia di un famoso scrittore, con un segreto che non riesce a condividere con nessuno.
Infine c’è Cloe, trentacinque anni e attrice senza una vera e propria carriera. Malgrado ciò, sogna il successo a Hollywood, coronato da una storia d’amore con un attore conosciuto sul set di una soap opera. È sicuramente la più naif delle tre, ma è anche la più onesta nel sentimento, la più empatica.
Qual è il prossimo passo per “Posso piangere cinque minuti?”?
Io e Costanza stiamo rivedendo la sceneggiatura uscita dal Premio Solinas, sulla quale abbiamo lavorato un mese. Nel frattempo stiamo parlando con alcuni registi, per capire chi sarebbe in grado di metterla in scena secondo i toni che la nostra sceneggiatura chiede, e produttori ovviamente.
Altri progetti futuri?
Ho appena iniziato a lavorare nell’editoriale di Rai Fiction. A questo affianco altri progetti in cantiere, quali lo sviluppo di una serie tv per IDM Südtirol – Alto Adige Film Fund & Commission, per la quale nutro fiducia.
C’è qualcosa della tua esperienza Tracce che vuoi condividere?
Assolutamente. Tracce è stata la prima esperienza di sceneggiatura che ho fatto. Avevo diciotto anni, ero appena uscita dal liceo e decisi di seguire il corso di sceneggiatura di I livello di Tracce. Non venendo da un ambiente cinefilo o comunque non avendo contatti col mondo del cinema, l’esperienza in Tracce è stata fondamentale, perchè è da lì che ho iniziato. La formazione che mi ha dato si è rivelata fondamentale per i successivi passi, tanto è vero che seguii anche il Corso di sceneggiatura di II livello. La cosa bella di Tracce, a parte la varietà dei docenti e quindi dei diversi punti di vista, è che ti insegna già a lavorare. Il lavoro che ti viene chiesto di fare sul soggetto e la scenegggiatura non rimane un mero esercizio didattico, ma è vero lavoro. E lo dico ripensando anche alle stroncature che i docenti ti fanno, che poi sono la base del mestiere di scenegggiatore. E poi da lì è nato anche un bel rapporto di amicizia e collaborazione con due ex corsisti. Anche il mio rapporto con Luca De Benedittis, così come con altri docenti, è proseguito dopo. Sono una grande fan di Tracce, puoi scriverlo.